Futuro reale
God Save the Queen, Dio salvi la regina, ora più che mai. A novantacinque anni, compiuti lo scorso 21 aprile, e con sessantanove anni di regno sulle spalle, Elisabetta la Grande -così l’hanno ribattezzata i media britannici- è la regina più longeva della storia ma anche l’unica che ancora può imprimere una svolta nel futuro della monarchia e della politica britannica, e non solo.
Ve la racconto qui e su Grazia in edicola.
Tra pochi giorni, riunirà il figlio Charles, l’eterno successore ormai settantatreenne, e il nipote William, 38 anni, secondo in linea di successione, per decidere con i suoi fidati consiglieri di corte i prossimi passi e i prossimi atti, a cominciare da quel Regency Act che sono in molti ad attendere in Gran Bretagna e nelle ex-colonie: si tratta, cioè, di eleggere chi possa e debba svolgere le mansioni della sovrana, nel caso in cui lei sia impossibilitata per ragioni di età e salute. Ma il Regency Act, in realtà, potrebbe essere anche il primo tassello di un puzzle ben più ampio e complesso, ovvero quello di una possibile e sempre più plausibile abdicazione.
Dopo la scomparsa del marito Filippo lo scorso 9 aprile, a meno di due mesi dal centesimo compleanno del principe consorte che le è stato accanto per settantaquattro anni, the Queen è rimasta sola alla conduzione della cosiddetta Royal Firm, l’azienda di famiglia.
La foto-simbolo di lei, rannicchiata e solitaria sullo scranno di legno della cappella di Windsor dopo le esequie del marito seguite da oltre 13 milioni di spettatori nel mondo, ha mostrato la sua umana e comprensibilissima fragilità, ma anche l’immediata necessità di un sostegno che può e deve venire dall’interno della cerchia famigliare
Negli ultimi due anni, the Firm ha incassato colpi durissimi e inaspettati. Tra tutti, il caso Megxit ovvero la scelta di Harry e Meghan Markle, gli ex duchi di Sussex, di dare le dimissioni dalla casa reale per una vita da comuni mortali in California, negli Stati Uniti, e in quelli che molti hanno ironicamente già rinominato il ducato di Montecito. L’intervista rilasciata dai due esuli un mese fa a Oprah Winfrey, celeberrima star afroamericana dei talk show e icona del nuovo black power made in USA vicinissima a Michelle Obama, è stata solo la ciliegina sulla torta. Amara, però, considerate le accuse di razzismo e ostruzionismo rivolte a Buckingham Palace. Senza contare lo scandalo che ha travolto Andrew, il terzogenito di Sua Maestà, escluso da ogni ruolo ufficiale a corte, dopo l’accusa di coinvolgimento nel giro di prostituzione minorile che faceva capo all’ex magnate americano Epstein. E poi la Brexit, la pandemia…
Insomma, la corona si è fatta di giorno in giorno più pesante per l’inossidabile Elisabetta che aveva, nel lontano 1952, giurato di prestare reale servizio sino alla sua morte, e oggi potrebbe finalmente condividerne il peso con il figlio Charles, allenato e preparato al compito, seppur tardivo, di re: un re di transizione, già anziano e pronto a sua volta a passare il testimone al primogenito William, figlio della compianta Lady Diana, che il 67 per cento dei sudditi sceglie, nei sondaggi, come nuovo volto della dinastia.
Esattamente dieci anni fa, il 29 aprile 2011, William sposava, tra fasti e polemiche, la borghesissima Catherine Middleton, già sua fidanzata e convivente dai tempi dell’università di St. Andrews. Sardonicamente definita Waity Katie, ovvero Katie la paziente, per il lungo fidanzamento durato otto anni e un anello che sembrava non arrivasse mai, la ragazza della porta accanto è cresciuta senza commettere un solo passo falso. Anzi. Ha camminato spedita verso la maternità -è mamma di George, 7 anni, Charlotte, 5, e Louis, 2- e i suoi doveri royal senza incertezze, errori di protocollo, capricci, gaffes.
Secondo il biografo reale Phil Dampier, Catherine, adesso duchessa di Cambridge, ha studiato da regina e con la regina. Da sua altezza, ha mutuato le qualità necessarie per meritarsi lo scettro: tolleranza, pragmatismo, calma e soprattutto lungimiranza. Non solo: Dampier sottolinea anche l’indispensabile dote di saper presto dimenticare un torto, senza cercare vendette o sciocche rivendicazioni.
E il sorriso, certo, sempre pronto ad aprirsi. Nelle ultime foto che la ritraggono con il marito prima del lutto per la morte del principe Filippo, Catherine sfoggia una disinvoltura nuova, matura. La stessa che, in tutt’altra veste e situazione, ha mostrato anche nel giorno del funerale. È stata lei la prima a prendere la parola dopo la cerimonia funebre, la prima a scambiare qualche parola con Harry, la prima a fare un passo indietro e lasciare che William e Harry avessero la possibilità di restare soli, in disparte, nella speranza forse che i due potessero mettere una prima base per riconciliarsi dopo la frattura post Megxit e l’intervista americana che ha fatto infuriare tutti, a palazzo.
I media britannici non hanno perso tempo: peacemaker, colei che porta la pace, l’hanno subito chiamata. E tutti, i giornali più popolari come i più colti, hanno lodato il suo ruolo di ago della bilancia nelle complesse dinamiche della Royal Family, applaudendo, a distanza di un decennio, la scelta di William. Il quale, oggi, appare come il perfetto erede al trono: ha sposato la regina ideale -una commoner che ha avvicinato la Corona al popolo ma ha saputo assumersi l’onere del proprio ruolo-, ha messo al mondo tre eredi che hanno allontanato il pericolo rappresentato dalla “pecora rossa” Harry, e possiede il mix perfetto di umanità, rigore e responsabilità di un re.
Con la moglie, si candida a regnare e ad incarnare il futuro della monarchia. Un futuro che, a leggere il Guardian, il quotidiano meno incline a sostenere Buckingham Palace, contempla due scenari possibili: da un lato, la Royal Firm potrebbe modellarsi sulle monarchie più ridotte del Nord Europa, dall’altro potrebbe scomparire per lasciare posto a una repubblica. In questo secondo caso, Elisabetta II non sarebbe soltanto la Grande, ma anche l’Ultima (e la più famosa, grazie alla serie The Crown).
Ma per ora, God Save the Queen.
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