Il primo vino non si scorda mai

Chi dice vino, dice donna. Continua la serie di incontri One to Wine con Le Donne del Vino. Questa volta, incontriamo la sommelier Antonietta D’Onghia.

Antonietta D’onghia, per gli amici è semplicemente Anto. Orgogliosamente pugliese, vitale e sempre in pieno fermento, è un’appassionata del mondo enoico in tutte le sue sfumature. «Di stampo scientifico ma con una forte vena umanistica, dopo la maturità scientifica volevo indossare il camice bianco. Citando un brano di Venditti, “mio padre e mia madre mi volevano dottore”, ma per la fobia per aghi e lame ho sterzato pensando bene a una diversa forma di benessere… a tavola, studiando gli alimenti in tutte le possibili forme e ambiti», racconta.

Laureata in Tecnologie e qualità dei prodotti agroalimentari, indossa il suo primo camice bianco nel laboratorio di analisi chimico- microbiologiche di alimenti dell’IZS della Puglia a pochi chilometri da Noci, dove vive. «Sono trascorsi dodici anni e ancora quel camice mi veste ogni giorno. Mi diplomo ventiduenne da sommelier AIS, un anno da vice-responsabile eventi nella delegazione Murgia dell’AIS Puglia, l’anno seguente divento degustatore ufficiale di vini e a seguire master in addetto alla vinificazione. Nel 2017 supero “with merit” l’esame internazionale di livello 2 in “Wine & Spirits” del WSET. Ottenuta l’idoneità fisiologica all’assaggio divento Assaggiatore di oli presso la Camera di Commercio di Bari seguita dall’iscrizione in Elenco nazionale dei Tecnici ed Esperti degli oli di oliva vergini ed extravergini. Nello stesso periodo mi affaccio al mondo delle birre e delle acque prendendo la qualifica di Degustatore di I livello di birre artigianali e degustatore ADAM di acque minerali. Oggi mi preparo per poter divulgare le mie conoscenze nella didattica all’estero».

Tutto questo in soli 34 anni.

Il primo sorso non si scorda mai? 
«In realtà, quando si tratta di sentimenti non è tutto così automatico e determinabile! Dimenticare o ricordare il primo amore dipende molto dall’esperienza che si è vissuta. Dipende dal colore emotivo dell’incontro che ha dato luogo a una lunga storia d’amore: io e l’Amarone. Caldo, avvolgente, era di un rosso porpora quel pomeriggio, con una vena suadente…eravamo a Torino quando mi fu presentato a mano di un collega sommelier: “Eccoti Amarone di Zenato”…fin dal primo sorso gentile e mai invadente. La sua ribalta olfattiva metteva in luce profumi dolci di amarena, cacao, caffè, menta, con accenni speziati di cardamomo seguiti da liquirizia, tabacco dolce e vaniglia. Monumentale per avvolgenza e smisurata alcolicità che non riuscivano, tuttavia, a coprire i preziosi tannini e la minerale salinità. Chiusura interminabile. Quattro anni in botte e ancora si fa ricordare. Come quando incontri il primo amore per strada dopo tanti anni e tutti i soggetti ritornano in mente come fosse ieri. E sono certa che, anche invecchiato, lo riconoscerei…».

Una splendida annata…
«Ogni annata di un vino assaggiato pensi sia quella migliore, ma non è mai così! Svierei  questa domanda, citando il 1984, quando sono nata…ma è stata una pessima annata per il mondo vitivinicolo! Forse meglio il 2012, quando scopro che il mio nuovo vicino di casa in campagna è un enologo californiano, oggi un amico con cui condivido le migliori annate!»

Una pessima annata…
«Di certo, l’annata che assaggerò dopo la splendida!»

Un calice di? 
«Seppur anacronistico, mi sarebbe piaciuto stringere la mano a Plinio il Vecchio ad approvazione di quanto scriveva nel Naturalis Historia: non esiste un vino buono in assoluto, ma “ognuno è per sè giudice del vino migliore”. Con la stessa convinzione dichiaro che amo i calici della mia terra, la Puglia! Il susumaniello in particolare ha il gusto di un’arcaicità che non tramonta. Capace di caricarsi come un somaro durante la fase di fruttificazione, è caparbio in cantina quanto indomabile nel bicchiere. Un calice di susumaniello è quello che consiglio quando si è a cena con amici non enocentrici, è l’ideale per accontentare i gusti di tutti senza lasciare a nessuno la possibilità di bere un incolore calice di …acqua!!! Perchè “chi beve acqua ha un segreto da nascondere!”, come sosteneva Baudelaire».

Allontana da me questo calice…. 
«I vini come i figli non puoi rinnegarli, non puoi allontanarli…»

Galeotto fu il vino e chi lo bevve… 
«Galeotto fu un decanter e il suo utilizzo! Lui carismatico ippiatra, uno scambio di pareri su cavalli che viaggiano in aereo…e poi due chiacchiere su interessi extra: il mondo del vino e…Lui: “Ho un decanter a casa, ma in realtà non saprei quale tipologia di vino decantare!” Io: “… te lo spiegherò in questi … anni”, or sono! Come scriveva Ovidio, “Il vino prepara i cuori e li rende più pronti alla passione”».

In vino veritas?
«Assolutamente in vino la verità…tutta la verità! L’ebbrezza dilata le pupille, rende facili i sorrisi, elimina le impostazioni del dover apparire performanti, cambia la prospettiva di osservare e, eliminati i filtri inibitori, via alle sregolatezze!»

Le mille bollicine.. Sì o no?
«Di grana fine, numerose, persistenti: sono tali le bollicine da metodo classico. A parità di metodo, nulla da invidiare alle bollicine d’oltralpe che hanno assunto un valore evocativo fortissimo: basti pensare alle premiazioni di gare ciclistiche ed automobilistiche, all’inaugurazione di aziende, ma anche al varo delle navi.
Sorseggiare una flûte di champagne è un toccasana per la grande maggioranza dei palati, è l’ideale anche per accompagnare circostanze particolari, e rappresenta un vero e proprio gesto di buon augurio. Tuttavia,  per un brindisi a tavola preferisco di gran lunga le bollicine delle cantine italiane del Trentino che si prestano bene ai piatti della nostra cucina mediterranea, dall’aperitivo al dessert. Nella mia Puglia poi, la tradizione del crudo mare sposa qualsiasi metodo: prosecco o spumante classico importante è che accompagni».

Chi dice vino dice donna?
“Fornite alle donne occasioni adeguate e le donne potranno fare tutto.”(O. Wilde)…anche il vino, anche le sommelier, anche le enotecarie, anche le giornaliste enogastronomiche, anche le manager di aziende vitivinicole o semplicemente le eno-appassionate. Il mondo del vino è ampiamente declinabile con l’universo femminile! Tra le donne e il vino un’intesa millenaria che si perde nella notte dei tempi: nel più antico romanzo della storia, il re Gilgamesh per la ricerca del segreto per l’immortalità si rivolge a Siduri, la prima donna della storia a vegliare sulle bevande fermentate. Più intima e sensuale è stata Madame Pompadur, che oltre a bere Champagne con grande piacere, sosteneva che è l’unico vino che può coronare di fascino una donna dopo averlo bevuto. Ne dette subito dimostrazione facendo modellare sul suo seno la coppa ideale da Champagne. E poi Le Donne del Vino, l’associazione di cui faccio parte e che riunisce tutte noi donne italiane impegnate attivamente nel mondo enoico: “Chi non ama il vino, le donne e il canto è un matto, non un santo!” (Schopenhauer)»

Via con il vino.. – il viaggio più bello tra le vigne
«Il mio viaggio più bello tra le vigne? Pur non avendo ancora percorso i filari delle vigne di tutto il mondo vitato, il tour sulle Isole Canarie è stato il più emozionante. In genere, ogni vigneto ha una sua meravigliosa attrazione. Spesso, mentre guido per la Puglia, mi fermo per qualche scatto a qualche vigneto. Il sistema di allevamento ad alberello, la cura del vignaiolo, lo scrutare il cielo dietro i vetri della finestra per scongiurare piogge o grandinate nel periodo prossimo alla vendemmia, ricopre di misticità quei ceppi di vite. La viticoltura eroica mi attrae alla pari di quella estrema. Sull’isola di Lanzarote i ceppi di vite sono interrati in
un tronco cono di suolo lavico e protetti lungo la semicirconferenza da muretti a secco per proteggere le piante dagli alisei incessanti. La superficie attorno al ceppo viene poi cosparsa di cenere vulcanica nera, fortemente igroscopica. I grappoli giacciono sulla superficie della cenere da cui ricavano “l’essenza di vulcano” e quindi una sapidità che non ha eguali in altre Malvasie al mondo! Anche i terrazzamenti della sottozona valtellinese “Inferno” proietta un bel film: assistere a cassette di uva trasportate con gli elicotteri per l’impossibilità di trasportarle a mano per quanto impervi siano tali terrazzamenti è sempre un bel vedere! In Puglia si rimane incantati da onde di viti della Masseria Amastuola ospitante un vero e proprio vigneto giardino…una sensazione di quiete paradisiaca che rimanda alla filosofia zen. Il viaggio più bello è quello del perdersi nella natura e di poterlo poi raccontare con un calice fra le mani. Cin cin!»