Il profumo del mosto selvatico. Di Manduria

Il profumo del mosto selvatico. Di Manduria

Chi dice vino, dice donna. Continua la serie di incontri One to Wine con Le Donne del Vino. Questa volta, incontriamo Mariangela Garofano, produttrice dell’Antico Palmento.

Non a caso è nata in settembre, in piena vendemmia, nel mese che profuma di mosto: il mosto di Primitivo di Manduria, il vino del cuore, che ora produce all’interno dell’azienda di famiglia. «Un profumo che non posso dimenticare, visto ho trascorso l’infanzia e l’adolescenza all’interno della cooperativa dove mio padre aveva iniziato nel 1976 il suo percorso lavorativo come enologo», racconta la produttrice.

E sempre grazie a suo padre Bruno, che ha saputo trasmettere la sua passione ai figli nel 2006, dopo il recupero di un palmento adibito alla pigiatura dell’uva già dal 1909, Mariangela ha fondato insieme a sua madre una società al femminile.

Dopo una tesi sperimentale sui lieviti e un inserimento nel mondo del lavoro, si è iscritta ad Enologia, «notizia che non ha stupito affatto papà Bruno, che, in cuor suo sperava che almeno uno dei tre figli seguisse le sue orme dedicandosi totalmente al vino: la sua più grande passione».

Il primo sorso non si scorda mai? 

«Risale a molti anni fa, quando, ancora piccolina, amavo giocare davanti al fuoco del camino, vederlo scoppiettare mentre sotto la cenere cuocevano le patate e vicino alla brace ardevano le castagne. Questa è l’immagine che ho: autunno inoltrato, quasi inverno e il calore del fuoco sulle mie gote rosse. Avvicino il bicchiere, ci tuffo quasi tutto il naso dentro e assaggio quel nettare divino. Non era una vera e propria scoperta alcolica, perché spesso ero abituata a gustare lo zabaione di uova fresche che ci preparava la mamma, rigorosamente con un goccio di vino dolce passito, marsalato, una goduria per il palato di noi piccoli…».

Una splendida annata…

«Quella del 2009. Lo dico con certezza, perché quella è stata la prima annata commercializzata del nostro vino dolce naturale. Un vino di 21 gradi potenziali, che esprimeva tutta la forza, la peculiarità, il frutto maturo dell’alberello pugliese, un vigneto di primitivo di Manduria di quasi settant’anni».

…e una pessima…

«La 2014. Ricordo condizioni climatiche pessime che non ci hanno consentito di mettere in produzione nessuna delle due tipologie di vino. Infatti scegliemmo coraggiosamente di non vinificare».

Un calice di? 

«Uno dei vini che bevo con piacere è l’Aglianico e anche qui ci sono dei ricordi legati all’infanzia! La mia famiglia ha origini per metà campane e metà pugliesi. Ricordo vividamente un giorno di festa in cui papà aprì una bottiglia di un vino fatto in casa da suo padre un bel po’ di anni prima. Una bottiglia impolverata e senza etichetta con dello spago attorno al collo. Ne andava così orgoglioso, parlando della sua terra, e più che il sapore, mi rimase impressa l’enfasi con cui raccontava della sua vita e delle esperienze da bambino a casa dei nonni. Ecco, un vino tipico fatto dal contadino di una volta, che è nato viticoltore, attaccato alle sue radici e che trasmette passione, cultura e memorie è senz’altro un vino che apprezzo tantissimo».

Allontana da me questo calice… 

«Uno di quei vini impersonali, piatti, senza tradizione, che appena degusto non evocano l’immagine del territorio d’origine. Il palato come gli altri sensi è strettamente legato alla memoria, al ricordo, all’immaginazione, al sogno. E mi piace sognare della natura che ha creato quel frutto, dell’uomo che trasformandolo in vino, l’ha custodito e del tempo che, con il suo incedere, l’ha plasmato e maturato».

Galeotto fu il vino e chi lo bevve…

«Conservo la bottiglia “galeotta” gelosamente, in attesa dell’occasione giusta, con la persona giusta, per condividerla in due! Ma tutte le bottiglie che ho aperto in compagnia hanno creato momenti bellissimi. Un calice di vino condiviso dà spesso l’opportunità di trasformare semplici conoscenze in profonde amicizie. Per questo mi ritengo molto fortunata».

In vino veritas?

«In vino veritas…per citare Baudelaire: chi non beve vino ha qualcosa da nascondere!».

Le mille bollicine… -Champagne sì o no?

«Champagne sì, certo! Ma anche spumante. Vini eccezionali che rappresentano un’antica tradizione, vini territoriali, autentici. Mille bollicine per brindare ai grandi traguardi, alle grandi occasioni, vini da assaporare ad occhi chiusi».

Chi dice vino dice donna?

«Dice storia, passione, condivisione, calore, sensibilità. Fortunatamente oggi il mondo del vino è costellato di donne che lo producono, lo degustano, lo promuovono, lo vendono. Vino per produttrici e per consumatrici».

Via con il vino -il suo viaggio più bello tra le vigne

«Qualche mese abbiamo fatto un’escursione sulle strade del vino in Valtellina. È stato curioso trovare ancora un grappolo di Nebbiolo sulla pianta e degustarne il frutto. Bello scoprire la magia di una viticoltura così estrema; affascinante sapere che da quelle terre nasce un vino di corpo e di gradazione alcolica sostenuta, nonostante l’alta quota.

Paragonarlo ai nostri vitigni, al nostro clima, trovarne le differenze, permette di godere del miracolo che fa la natura in situazioni così diverse e molto spesso avverse… Poi altri viaggi fatti tra le colline del Chianti o nelle terre del Brunello di Montalcino, nei vigneti vicino ad Asti piuttosto che le alture del Trentino Alto Adige. Ogni viaggio sulle strade del vino è stato emozionante. Per una donna come me, che ha sempre l’animo rivolto “altrove”, alla ricerca di avventura, conoscenza e bellezza… è pura felicità. Amo il mio lavoro, amo le mie passioni e spero tanto che il vino mi porti ai confini del Mondo».