Ritorno al futuro

Negli Usa e in Israele i vaccinati possono smettere di indossare la mascherina. In Gran Bretagna ricominciano i concerti. A Dubai, tutto aperto. E in Italia? Qui e su Grazia in edicola, vi racconto l’euforia, ma anche le perplessità e le difficoltà di lasciarsi andare di chi vive nei luoghi che stanno uscendo dall’emergenza Covid. Perchè tornare alla normalità non è poi così normale…

Lo chiamano adjustment, adattamento. E mi chiedono in Inglese se mi sono “aggiustata”. È il primo giorno di lavoro a Dubai, come consulente di comunicazione. In ufficio, sono tutti vaccinati o quasi. Quel quasi include me dall’Italia e Sarah dalla Gran Bretagna. I residenti negli Emirati Arabi hanno già effettuato le vaccinazioni -è vaccinato il 60 per cento della popolazione.

È tutto aperto, a Dubai: ristoranti, bar, palestre, piscine, teatri, musei, centri commerciali, attrazioni, festival. La mascherina si mette per legge più che per precauzione, soprattutto dove ci sono turisti e visitatori come me: i non vaccinati. Quelli che del Coronavirus hanno ancora paura, tant’è che dico sì alla proposta di una sessione di Connecting Dance, una sorta di danza creativa per risanare la capacità di connessione e di fare gruppo dopo l’esperienza traumatica del lockdown. Eppure, quando scopro che io e gli altri partecipanti condivideremo per due ore un’unica grande stanza, a tre metri l’uno dall’altro ma respirando la stessa aria, decido di tenere la mascherina. Sono la sola. La levo? Il cervello inizia a tormentarmi: c’è il virus e c’è troppa gente che si muove, traspira e respira vicino a me, troppo vicino…Panico.

Scappo fuori terrorizzata. Non sono pronta per questa dose shock di interazione umana, vicinanza fisica e libertà. Non dopo un anno di pandemia e due ondate a Milano in zona rossa. Ma non sono l’unica. Tanti soffrono da stress di riadattamento, in quei paesi che, grazie a una massiccia campagna vaccinale, sono tornati alla normalità: Dubai, appunto, ma anche Israele e presto l’Europa, Gran Bretagna in testa. Mi ci vuole una settimana per frequentare i locali al chiuso senza tremare, dico no alla piscina e, memore della danza, rinuncio alle lezioni di Yoga. Lavorare in team, dopo mesi di smart working solitario in casa, non è semplice. Tenere le distanze in presenza è snervante. Possibile? Sì, e a Dubai ci sono gruppi di auto-aiuto guidati da coach dedicati.

«Se un pericolo si protrae nel tempo, la nostra mente continua a crederlo presente anche quando quel pericolo si allontana», spiega la psicologa Isabel Fernandez, presidente dell’Associazione EMDR in Italia e in Europa, specializzata nel trattamento delle esperienze traumatiche. «Siamo stati costretti a mettere in atto all’improvviso strategie di evitamento, che ora non è facile abbandonare, sia a livello cognitivo che emotivo. Si tratta di riadattarsi, ma è un processo che richiede tempo e gradualità. E non è uguale per tutti», aggiunge, augurandosi che anche in Italia, nelle prossime settimane, possano esserci iniziative di supporto in azienda, a scuola e tra il personale sanitario. «Il trauma è collettivo e riguarda tutti nella sfera personale e professionale», ribadisce.

«La gradualità è stata fondamentale in Israele», racconta la chef italiana Nadia Ellis. Da 13 anni vive a Tel Aviv ed è una star in tv con le sue ricette ispirate alla tradizione di casa nostra riadattate in versione vegan, come gli speciali gnocchi alla romana o la carbonara.

Israele è stato il primo Paese nel mondo a togliere la maschera all’aperto, a consentire riunioni ed eventi, ed eliminare l’obbligo di misurare la temperatura, con un tasso di vaccinati del 60 per cento per cento.

«Di settimana in settimana siamo tornati alla vita pre Covid, e questa scansione temporale ci ha permesso di abituarci poco per volta, senza angoscia. Ma confesso la mia paura quando ho rimesso piede al mercato! A oggi non ho ripreso la palestra. E ho ridotto definitivamente il numero dei commensali delle mie boutique-dinner per le quali vado famosa, cioè le cene vegan che organizzo a casa mia. Prima del Covid, riempivo tavolate di 20 persone. Ora al massimo ne ospito quattro e voglio continuare così. È un’esperienza differente, più appagante per me e per i clienti», dice. «Se mi sento sicura? Mi ripeto che siamo tutti vaccinati…E mi butto».

C’è più cautela, invece, in Europa. In Gran Bretagna, dove il numero dei vaccinati ha raggiunto quota 27%, il governo ha riaperto pub e ristoranti, se all’aperto, e palestre purchè la sanificazione sia costante e personalizzata.

Sharon Hall, a capo della UK Tea & Infusions Association, confessa di non prendere treno e metro da oltre un anno. L’ufficio a Londra? Un ricordo. «Meglio lo smart working e la consegna a domicilio di spesa e cibo. Non voglio uscire dal mio isolamento. Faccio eccezione per la palestra, all’alba, in sessione privata con il mio trainer. Mi mancano i viaggi di lavoro in Oriente sulle tracce del tè, ma per ora non si può uscire dai confini britannici. In ogni caso non partirei. La paura è stata tanta, ha stravolto il mio stile di vita e la concezione del tempo, delle relazioni e della libertà. Ora voglio vivere in campagna e dedicare tempo ad amici e famiglia. Per tanti come me, c’è una vita pre e post Covid».

E in Italia?  «Non vedo l’ora di riaprire», dichiara Andrea Ferraioli, presidente del Distretto Turistico Costa d’Amalfi e albergatore a Praiano (Sa). «L’accoglienza è nel DNA, ci manca l’interazione con gli ospiti. Adotteremo tutte le misure necessarie, a partire dai vaccini nel comparto turistico, ma vogliamo ripartire al più presto, con nuove soluzioni come le colazioni in camera, le prenotazioni per piscina e spa, il distanziamento. Ma la paura no, quella non la ospitiamo».

IL PERCORSO PER STARE MEGLIO

«La paura, l’incertezza e lo stress generati dalla pandemia non spariscono nell’istante in cui i ristoranti o gli uffici riaprono» spiega Michael Leonard, terapista e coach strategico a Dubai, che traccia un breve prontuario contro l’ansia da riadattamento.

1* Condividere sensazioni e sentimenti -e scoprire che siamo tutti fragili dopo il Covid è il primo passo per ridurre l’impatto personale, famigliare e professionale.

2* Tornare gradualmente ai modelli e ai ritmi di vita pre-virus è una strategia efficace, che permette di prendere le misure con il presente. Aiutatevi con liste di cose da fare e programmi di sonno/veglia e lavoro/svago. No all’ansia da recupero del tempo perduto!

3*Siamo tutti nella stessa situazione, siate gentili e comprensivi con voi e gli altri. Nessuno è perfetto, tanto meno dopo un trauma di queste proporzioni.

4*Individuate chi o cosa può aiutarvi in questa fase di transizione: psicologo, counselor, gruppo di aiuto. Non trascurate il corpo: sì ad attività che permettono di rilassarsi e rilasciare le tensioni. Identificate cosa vi fa stare e sentire bene, progettate una routine sana per il benessere fisico e mentale.