La favola possibile

29 aprile 2011-29 aprile 2021: dieci anni dal matrimonio di Kate e William d’Inghilterra. E chissene, penserete voi. Giusto. E un po’ lo penso anche io ;-) ma io, a quel matrimonio, c’ero. C’ero come inviata di testate importanti, nazionali. C’ero perché avevo appena pubblicato la bio-fiction Sarò regina. La vita di Kate Middleton come me l’ha raccontata lei (Sonzogno), che in pochi giorni era diventato un caso giornalistico-letterario. C’ero perché ero a Porta a Porta, a Pomeriggio Cinque, a Pomeriggio sul Due, in Rai, La Sette, Canale 5. E poi in radio, sui giornali. C’era la parte di me giornalista, la parte di me che amava scrivere ma non era ancora una scrittrice. C’ero io che avevo appena compiuto 40 anni e mi sentivo figa, fighissima. Con il mio compagno accanto, gli amici, la carriera, la casa, la macchina, la Vespa, i viaggi. Tutto quello che avevo voluto e lottato per realizzare. E festeggiavo, perché era, è giusto farlo, quando si fanno i conti e i conti tornano.

Dieci anni dopo, scrivo ancora di Kate e William. Sono la Royal Watcher di Grazia e ne sono orgogliosa -e oggi trovate il mio articolo qui e su Grazia in edicola. Sono diventata la scrittrice che sognavo fin da ragazzina -e se mi state leggendo adesso, è perché avete acquistato e scoperto i miei romanzi. Quel compagno che pensavo “per sempre” è stato “fino a lì”. Idem la carriera, la macchina che non ho più, la Vespa che ho venduto. Continuo a viaggiare, Covid permettendo. Gli amici ci sono sempre (grazie!). E io mi sento un po’ meno figa -le rughe, mannaggia- ma… Ma non smetto di celebrare. Me? No, la vita che c’è dentro. Quella che mi permette ancora di includere altri libri, altri viaggi, altri amici e compagno, altre “carriere” che non chiamo più carriere, perché sono cambiata. E cambiare è un privilegio.

Ma no, non illudetevi: cambiare non è stato e non è facile, né piacevole, né felice, né illuminante. È stato -lo è- difficilissimo, orrendo, spaventoso, doloroso, mortificante, con momenti di buio totale in cui la luce manco te la ricordi. E poi è stato ed è anche bello. Assurdamente e incredibilmente bello.

Una favola? No, mai. Perché le favole non sono reali. E noi siamo reali. Siamo corpi, desideri, pelle, cuore e anima calata nella realtà.

E quando mi chiedono “ma tu credi ancora nelle favole?” rispondo che credo nella necessità di elaborare la nostra, nei tentativi di realizzare in realtà quello che per noi è “favola”. Che vuol dire, alla fine, lavorare su di noi e sui nostri desideri. Che significa accettare di stare con un piede a terra e uno piantato nei sogni.

Siamo noi l’unica favola possibile. Ed è lì, alla portata del salto che facciamo o non facciamo.

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